Elena Basile: democrazie liberali verso la deriva autoritaria

Nel suo libro Approdo per noi naufraghi, Elena Basile traccia un ritratto impietoso e lucido del declino dell’Occidente. L’ambasciatrice mette in guardia contro un processo che sta trasformando le democrazie liberali nate nel secondo dopoguerra in oligarchie autoritarie dominate da potentati economici e media conformisti, dove il senso di comunità si è dissolto, la solidarietà è assente e trionfa un individualismo sfrenato.

Secondo Basile, la società attuale assomiglia spiritualmente al microcosmo del lager descritto da Primo Levi: l’istinto di sopravvivenza plasma le relazioni umane, alimentando la competizione e la sottomissione al potere. In questo scenario distopico, l’opinione pubblica è indifferente, mentre la corruzione pervade le istituzioni politiche, culturali e mediatiche. Il razzismo non si manifesta più contro ebrei o omosessuali, ma contro chi dissente dal pensiero unico bellicista, filoatlantico, filoisraeliano.

Due eventi simbolici confermano, per l’autrice, la degenerazione del discorso politico occidentale: il discorso di Trump a Tel Aviv, in cui ammette l’influenza di lobby miliardarie, e il Nobel per la Pace conferito a María Corina Machado, figura della destra radicale finanziata dagli Stati Uniti, che invoca un colpo di Stato in Venezuela.

Il diritto internazionale è stato sostituito dalla legge del più forte, e la narrazione mediatica si è fatta univoca e manipolatoria.

Basile denuncia la fine del patto sociale del secondo dopoguerra, l’ascesa del neoliberismo e della finanziarizzazione dell’economia, la scomparsa della sinistra e la dissoluzione della classe operaia. Tutti fattori che hanno portato a una società “fluida” e atomizzata, come descritta da Bauman, priva di rappresentanza e incapace di opporsi al potere. La politica è divenuta pura gestione del consenso.

Il libro analizza anche le cause geopolitiche: dalla fine dell’URSS al momento unipolare degli Stati Uniti, fino all’espansione NATO e alle guerre per procura. In questo contesto, Israele, con la sua influenza finanziaria e mediatica, diventa cardine di una nuova egemonia coloniale. L’Europa ne è parte integrante, ridotta a burocrazia tecnocratica e priva di legittimità democratica.

A questa realtà si contrappongono segnali di consapevolezza civile: le manifestazioni a favore della Palestina, la condanna del genocidio a Gaza, le proteste contro l’indifferenza dei governi. Tuttavia, questi sussulti restano minoritari e facilmente strumentalizzabili. La narrativa delle élite continua a usare la retorica dei diritti per giustificare l’esclusione, la guerra e la distruzione dello Stato sociale.

Nel finale, Basile mette in guardia contro il ritorno dei fantasmi degli anni Trenta. Il pericolo non è solo politico, ma anche culturale e morale. Occorre difendere la memoria, l’umanesimo e la dignità collettiva. Per farlo, però, bisogna rompere il conformismo e costruire nuovi strumenti di lotta e di pensiero. Solo così i “naufraghi” di oggi potranno trovare un nuovo approdo. Leggi l’articolo completo su: https://krisis.info/it/2025/10/temi/occidente/elena-basile-le-democrazie-liberali-rischiano-di-trasformarsi-in-oligarchie-autoritarie/ .

Germana Falcone

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